domenica 15 gennaio 2012

Leonardo Di Caprio: com'è bella Kate Winslet in Titanic. Jon Landau parla del film, nei cinema dal 6 aprile


Kate Winslet ha visto alcune parti di Titanic in 3D l'11 Gennaio e parteciperà, assieme a Leonardo Di Caprio, all'anteprima cinematografica del film a fine marzo. L'attrice ha dichiarato in merito alla nuova uscita del film: "E' molto strano perché sono passati 15 anni e mi sento molto disconnessa da quello che all'epoca stava accadendo nella mia vita e di come mi sentivo. Sembra davvero molto lontano nei miei ricordi, quindi sarà strano riviverlo. Non so come sarà l'esperienza, ma è eccitante pensare che un'intera nuova generazione di giovani donne e giovani uomini che magari non l'hanno visto,  possa essere stata concepita dopo il primo appuntamento di una coppia al cinema a vedere Titanic."

Jon Landau, il produttore del film, ha dichiarato che Leonardo Di Caprio ha visto delle scene in 3D a fine del 2011 ed è stato di nuovo colpito dalla bellezza della Winslet: "Ha visto la scena dell'arrivo di Kate alla nave e mi ha detto: "E' così bella". Leonardo ha ragione, ma la bellezza sullo schermo va oltre il fisico, è ciò che l'attore porta al personaggio, lei è il personaggio di Rose"

 Intervista a Jon Landau, produttore di Titanic.

Da LaStampa.it: "Il Titanic in 3D? Nella vita c'è sempre un iceberg"

Sala privata della Fox, a Soho Square, occhialini 3D davanti a un grande schermo. Proiettano Titanic - uno spezzone di venti minuti - rifatto con le nuove tecnologie. Nelle sale uscirà il 6 aprile, esattamente a cento anni dalla partenza della nave da Southampton. Era il futuro, non avrebbe avuto neppure la forza di arrivare a New York. Si schiantò prima contro un iceberg. Più di 1500 morti. Leonardo DiCaprio e Kate Winslet sono due bambini, col 3D è come stargli in braccio. Bello. E angosciante. La nave che affonda nell’Oceano restituisce un senso fisico di annegamento. Le onde arrivano sulle poltroncine assieme alle grida, ai corpi, alla potenza della natura che schiaccia la mosca umana. «Una metafora anche dei guai attuali. La crisi economica, quella ambientale. C’è sempre un iceberg nelle nostre esistenze». Già. Forse non nella sua. Jon Landau è un signore newyorkese di 51 anni. Capelli grigi, la pancia, eppure giovanile, gli occhi molto mobili. Il film lo ha prodotto lui, assieme a James Cameron. Il più grande incasso della storia (1,8 miliardi di dollari). Finché non è arrivato Avatar . Stesso regista. Stesso produttore. Un uomo di successo. Che adesso, qui, spiega da che parte va il mondo del cinema. O almeno dove lo sta portando lui. E la tecnologia.

Mister Landau, perché «Titanic» in 3D?
«Perché se fosse stato disponibile nel 1997, quando è uscito il film, l’avremmo usato sicuramente».

Quindici anni dopo sembra un’operazione commerciale.
«È anche quello».

Pare brutto.
«E perché? Vendere film è il nostro lavoro. Che cosa c’è di male se in un momento di crisi noi siamo in grado di portare ancora la gente al cinema? Se usiamo una tecnologia perfetta per le nuove generazioni? I ragazzi sono abituati ai computer. Ma niente vale quanto la magia della sala. L’emozione condivisa. Lo schermo gigante. Faremo innamorare anche loro».

Benefattori?
«No, ma siamo noi che corriamo il rischio. Abbiamo investito diciotto milioni di dollari anche perché ci piace sperimentare e nessuno ci garantisce il risultato».

Casuale la scelta del 2012?
«In parte sì e in parte no. Quando il 3D ha cominciato a essere disponibile, nel 2000, con James Cameron ci siamo detti che avremmo potuto vedere che effetto faceva sul film. Poi è stato naturale scegliere il 2012 per la nuova edizione».

L’anno delle celebrazioni. Il film non rischia di essere risucchiato?
«Non credo. Anche noi siamo coinvolti in tavole rotonde, documentari e seminari. Ma alla fine la gente dirà: come mai queste manifestazioni hanno il nome del film?».

Perché «Titanic» ha avuto tanto successo?
«Perché in un film non è importante il genere, ma il tema. Titanic da un lato parla di una straordinaria storia d’amore, quella che ognuno sogna. E dall’altro di un tema universale: la morte. Metterli assieme è stato il segreto».

Non è un filo depressivo?
«Al contrario. Rose da quell’amore così radicale per Jack trova la forza anche per il futuro. Un messaggio di speranza per chiunque».

Qual è stata la scena più difficile da portare in 3D?

«Quella della cena. C’è stato bisogno di ridimensionare ogni dettaglio. I piatti, i bicchieri, i coltelli.Un lavoro lungo».

Le più semplici?
«Quelle d’azione. Ma l’esperienza di Avatar è stata illuminante».

Su che cosa ha fatto luce?
«Sul fatto che il 3D trova il massimo della sua applicazione sui grandi sfondi. Sul Grand Canyon, ad esempio. Non sull’azione».

Perché?
«Perché è una tecnica che gioca sulla distanza delle lenti. Più sono lontane più l’effetto 3D si esalta. Con le scene d’azione le lenti si avvicinano, fino a toccarsi. E quello è nuovamente 2D».

Non avete cambiato niente del film del ‘97?
«Nulla. Anche se la tentazione è stata forte. Eppure per certi versi sembra un altro prodotto. Ancora più toccante».

Per esempio?
«Penso alla scena della mamma che addormenta i bambini nella cabina e tutti e tre ormai sono condannati. Sembra di essere sul letto con lei. Trascinati nelle sue emozioni».

Che film del passato le piacerebbe rivedere in 3D?
«Molti. ET di Spielberg. Il drino di Coppola. È l’eterna sfida tra la tragedia umana e la hubris della tecnologia».

Eppure il film del momento è «The Artist», muto e in bianco e nero.
« The Artist si impone grazie alla sua unicità. È diverso. Per questo il pubblico lo ama. Per questo amerà il nuovo Titanic».
 

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